Pubblichiamo il post di Francesca Lauritano partecipante all’VII edizione del Master.
Spesso le limitazioni danno un nuovo slancio alla creatività raggiungendo al contempo un’impareggiabile esperienza per il palato. E’ il caso della fattoria di Fäviken. Cucinare solo con ciò che la natura mette a disposizione in loco: questa è la nuova sfida per il Nordic Food.
Cosa fare quindi quando il territorio offre veramente poco?
Una risposta costruttiva a questo quesito ce l’ha data Magnus Nilsson, giovane chef svedese, che non ha voluto piegarsi all’irrompente gusto francese, affermato con successo da anni, che è ormai parte integrante della cultura gastronomica scandinava. Ha voluto spostare l’attenzione sui prodotti locali, mostrando nuovi appassionati modi di armonizzare gli ingredienti, puntando tutto sulla tradizione culinaria del luogo.
Il contesto in cui si muove Magnus è tutto particolare: la tenuta di Faviken, a 400 km a nord di Stoccolma, è immersa in una cornice naturalistica composta da fitti boschi e al suo interno ha un piccolo ristorante, al 34° posto su 50 tra i migliori ristoranti al mondo, con solo 12 esclusivi coperti.
Il menù ideato dallo chef segue il ciclo stagionale e i piatti che compone sembrano provenire direttamente alla natura più selvaggia. Il suo proposito di rilancio di una gastronomia tutta svedese parte proprio da qui, dalla volontà di recuperare alimenti originari della tradizione valorizzandoli con accostamenti e innovative tecniche di manipolazione, ponendo l’accento sulla freschezza e la vitalità peculiare dei prodotti locali. Chi non sarebbe curioso di assaggiare le capesante “Ur skalet i elden” oppure le verdure cotte con foglie d’autunno?
Tutto ciò che viene usato per la composizione di questi piatti è stato coltivato e allevato all’interno della tenuta, o nelle immediate vicinanze. Per questa ragione Magnus ha dovuto ben presto fare i conti con uno dei principali limiti: quello della stagionalità dei prodotti, problema reso ancora più complesso dal clima notoriamente rigido del Paese. Ha quindi messo a punto nuove modalità di conservazione del cibo che mantenessero comunque le proprietà e le qualità intrinseche dei cibi.
Muove da qui la vera rivoluzione: riuscire a regalare ai proprio ospiti un nuovo modo di vivere il momento del pasto, fatto di particolari e attenzioni che rimangano radicate nella memoria, rimanendo però ben saldati alle antiche tradizioni locali.
Ecco che la gastronomia si mischia quasi in un tutt’uno con il concetto di turismo esperienziale.
Di fronte ad esempi come questo di rilancio del territorio attraverso le tradizioni culinarie è quasi un obbligo morale spingerci ad una riflessione in tale direzione. Considerando poi la crescente importanza che la comunicazione sta avendo in questo comparto strategico per l’economia di qualsiasi luogo sarebbero opportuno implementare le iniziative in quest’ottica.