«Un hub». Sempre più spesso, quando si parla del Master in Comunicazione d’impresa, si finisce per ricorrere a questa definizione: ce lo dicono gli altri («Ormai siete diventati un hub», «È giusto che un master come il vostro svolga una funzione di hub») e cominciamo a dircelo pure noi («Ormai siamo un hub»). Di tale definizione ci piace il senso di dinamismo che contiene – di fatto siamo un punto di snodo di molti percorsi formativi e professionali – e, soprattutto, il rinvio a una funzione di raccolta e reindirizzamento (per un approfondimento sull’origine e sui significati del termine rinviamo a “Una parola al giorno”). MCI quindi, mentre si prepara all’avvio della sua quindicesima edizione, è diventato un hub: di soggetti, di esperienze, di linguaggi.
Ad avvalorare questa definizione è la mostra transmediale “Spedale Senza Frontiere”, accessibile online a partire dal 20 novembre, che è stata realizzata da alcuni dei nostri studenti di questa edizione sotto la supervisione attenta e generosa di Paolo Bertetti e Lucia Ciciriello, nell’ambito delle attività del Questit Lab. La mostra rientra in un più vasto progetto che vede coinvolti come partner Medici Senza Frontiere (MSF), il Comune di Siena e due delle startup di maggior successo del nostro territorio, LiquidWeb e, per l’appunto, Questit.
Il progetto ruota attorno ai concetti di cura e accoglienza, entrambi concretizzati dall’operato di Medici Senza Frontiere e dalla ex-funzione ospedaliera del Museo del Santa Maria della Scala, le cui mura proteggevano infermi e orfani. Si vuole con questo unire due realtà, l’una più internazionale l’altra più localizzata, e lo si fa accompagnando il fruitore in un viaggio attraverso quattro storie ambientate in alcuni degli oltre 70 paesi in cui MSF opera: c’è la storia bengalese di Michela, medico di MSF, e Bibi, una bambina rohingya; c’è quella di Veronica, ostetrica di MSF che, in Colombia, si prende cura di Soledad, madre e vedova; si va poi a Gaza, dove Luca, ortopedico di MSF, cerca di restituire una vita normale a Salwa, sopravvissuta ad un bombardamento aereo; c’è infine la storia di Gaia, che da Siena si ritrova in Congo come medico di MSF, nel pieno degli scontri armati.
Le storie sono state sviluppate in un percorso narrativo che, sposando i principi e le pratiche del transmedia storytelling, attraversa una pluralità di media e format di contenuto: dal sito web immersivo (che conterrà il BrainControl Avatar di LiquidWeb) al chatbot interattivo messo a punto grazie a Questit, dalle illustrazioni ai blog personali ad una serie di video dei personaggi. L’obiettivo è garantire una fruizione personalizzata e con punti di vista diversi, ma privilegiando sempre la prospettiva dei bambini.
Vedete quindi perché MCI è ormai un hub? Perché per noi “fare rete” non è un’espressione buona per i convegni e le brochure ma un obiettivo concreto di creazione di valore. È anche così che realizziamo pienamente la nostra missione. Perché contaminiamo persone e saperi; perché mettiamo al servizio della città, in questo caso di un’istituzione come il Santa Maria della Scala, il patrimonio di conoscenze e di competenze che sviluppiamo giorno per giorno all’interno delle nostre aule; perché diamo ai nostri studenti la possibilità di mettere in pratica, e al massimo livello, le teorie e i modelli della comunicazione presentati all’interno dei vari moduli didattici del master; perché, infine, trattandosi di un progetto transmediale, assistiamo alla ricaduta concreta di un’intensa attività di ricerca che ha visto impegnati, nell’ultimo periodo, diversi nostri docenti.
Sì, siamo orgogliosi. Soprattutto dei nostri studenti, che da diversi mesi ci lavorano con competenza e passione.
Potrete partecipare all’apertura della mostra venerdì alle ore 10.00 tramite diretta Facebook del Museo Santa Maria della Scala. Vi aspettiamo!